Miopia

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L’Optometria Comportamentale considera la maggior parte delle miopie come un problema indotto dallo stress da vicino e non un problema congenito.

Il Prof. Armand Bastien, scienziato e docente Universitario presso la Facoltà d’Optometria di Montreal (Canada), al riguardo afferma nella pubblicazione “The Shaping Action of Adaptive Ergonomic Movement” (L’adattamento all’azione modificante del movimento ergonomico) edita in Europa dalla Societè d’Optometrie d’Europe nel 2007 :

L’autore ha sistematicamente eseguito visita optometrica su centinaia di bambini inferiori ai cinque anni, dai lattanti in braccio alla madre sino ai più giovani ed autonomi esploratori dello spazio. La regola generale è una leggera ipermetropia senza un significativo astigmatismo. A quelle età sono rari i difetti oculari evidenti.  Questi giovani corpi ed i loro sistemi d’azione sono ancora soggetti all’influenza ortomorfogenica della crescita e dei movimenti bilaterali e diversificati. Soltanto dopo essere stati sottoposti a prolungate attitudini distorcenti (blocco posturale) si verificheranno alcune disarmonie del sistema d’azione. Disarmonie che, con il tempo, divengono deformità strutturali; esse possono essere sia oculari che posturo-scheletali. Tali disarmonie si verificheranno in risposta alle richieste ergonomiche dell’ambiente: ed è questo il caso di molti difetti oculari. L’autore è della ferma opinione (in base alle sue ricerche sulla miopia, in base ai lavori di Harmon ed alle ricerche di Forrest) che molti difetti oculari siano acquisiti e non innati.

Durante la scolarizzazione si presentano difetti visivi con maggiore percentuale fra i 10 e i 13 anni. Sempre il Prof. Bastien aggiunge:

“Dopo anni di osservazioni cliniche e migliaia di casi, l’autore rifiuta qualsiasi tesi proponga che la miopia è soprattutto congenita. L’autore rifiuta anche il concetto che la miopia possa essere una malattia o conseguente ad un indefinito fenomeno fisio-patologico oppure un effetto della crescita. Secondo l’autore, qualsiasi teoria che neghi l’influenza ambientale, o che non colleghi alle influenze ambientali un fenomeno attivo (in questo caso la miopia) trascura qualsiasi elementare conoscenza biologica”.

L’uomo ha utilizzato e specializzato il proprio apparato visivo per milioni di anni (12 milioni di anni dal Ramapiteco e 4 milioni di anni dall’Australopiteco) per la caccia, pesca e raccolta ed ha quindi evoluto un apparato visivo per quelle attività (visione prevalente da lontano ed utilizzo soprattutto di quella periferica, con luce naturale) che noi abbiamo ereditato. Solo da 190 anni circa – prima con la rivoluzione industriale e poi con quella elettrico/elettronica – la richiesta ergonomica dell’ambiente è stata soprattutto prossimale (visione  con stimolo prevalentemente centrale e non più periferico, luce artificiale e spesso scarsa): fabbriche, scuole, TV, computer, ecc. In conseguenza di questa mutazione del nostro ambiente si sono moltiplicati i problemi visivi.

Nel 1939 negli Stati Uniti, solo il 33% delle lenti oftalmiche (per occhiali), prodotte dalle industrie era per miopia, contro il 67% per ipermetropia e/o presbiopia e quasi nessuno portava lenti a contatto. Nel 1968 le lenti per miopi prodotte erano diventate il 66% contro il 34% delle lenti per ipermetropi, non contando le numerose lenti a contatto per miopi allora largamente usate.

Uno studio condotto da Young e Baldwin :“A Study on an Eskimo Population of Barrow, Alaska” (Uno studio sulla popolazione Eschimese di Barrow, Alaska) rilevò:

  • Gli anziani: nessun miope – tutti ipermetropi: nomadi, cacciatori e pescatori (prevalente visione da lontano)
  • Seconda generazione: i figli degli anziani cacciatori, venuti a contatto per la prima volta con la vita sedentaria della nostra cultura – 3% miopi.
  • Terza generazione: prima generazione pienamente istruita e sedentaria – prima indagine 52% miopi, seconda indagine 72% miopi.

Young riporta che le scimmie, ipermetropi in libertà, diventano miopi per il 60% in gabbia.

Il comandante Kent riporta che l’equipaggio del sottomarino Polaris, tutti precedentemente ipermetropi o senza difetti visivi, dopo sei mesi di immersione continua divennero miopi con valori da -0,50 fino a -2,00 diottrie.

Un soggetto sano, quando nasce, presenta una ipermetropia fisiologica di +1,50 che si ridurrà con la crescita, per stabilizzarsi su un +0,50 all’età di 12 anni e restare così fino a circa 46 anni, età in cui comincia un’ipermetropia senile a causa dei cambiamenti che l’occhio subisce negli anni, tra cui l’invecchiamento del vitreo. Questa è la norma.

Ma non tutti quelli sottoposti  ad uno studio continuato e stressante si miopizzano.

Quelli che hanno un apparato visivo geneticamente più robusto potranno sostenere l’impegno scolastico senza modificare l’apparato visivo. Coloro che hanno un apparato visivo più delicato, per poter reggere la richiesta scolastica ed evitare l’abbassamento delle abilità visive (fra cui il sistema accomodativo) consumeranno prima l’ipermetropia fisiologica che l’evoluzione dell’uomo ci ha trasmesso per vedere bene da lontano,  poi modificheranno la struttura (occhio), miopizzandosi. Così facendo risolveranno lo stress quotidiano nel lavoro da vicino (a questo punto scompariranno cefalee, dolori oculari e altri sintomi astenopici: il soggetto si è perfettamente adattato a quella che è diventata la richiesta ergonomica principale, il lavoro da vicino).

Miopia

Ora il soggetto vedrà male da lontano: gli vengono prescritte lenti da miope per vedere bene da lontano, annullando così l’adattamento al lavoro da vicino che ha dovuto mettere in atto per essere efficiente. E’ così tornato nella condizione iniziale: è di nuovo inefficiente da vicino e quindi si miopizzerà di nuovo per eliminare lo stress del lavoro da vicino.

E andrà avanti così fino a che non terminerà di studiare. Tranne casi particolari di miopie elevate, quelle per stress visivo da vicino crescono non perché cresce l’occhio (quello del bambino cresce molto poco rispetto al resto dell’organismo) ma perché non si interviene sulla causa ma sull’effetto. L’occhio si deforma in lunghezza per compensare lo stress accomodativo.

I giovani Eskimo di Barrow (la terza generazione) da chi hanno ereditato miopia? Non certo dai loro padri o nonni: questi non erano miopi! E’ stato l’ambiente, inteso come tipo diverso di impegno visivo, rispetto a quello a cui erano assoggettati i padri e i nonni.

Lo studio dell’ambiente per comprendere come questo possa influenzare il comportamento del soggetto esaminato, nel campo della visione, prende il nome di Optometria Comportamentale.

A questo proposito, un piano di lavoro per adulti su cui studia un bambino per esempio di 10 anni, lo costringerà a lavorare ad una distanza eccessivamente corta dagli occhi con una richiesta accomodativa eccessiva e che si può evitare se lo si fa lavorare su una struttura adeguata all’età. Ugualmente un piano di lavoro inclinato e una illuminazione corretta gli ridurranno i problemi visivi.

Una manifestazione posturale molto frequente negli studenti è l’assumere una distanza di lavoro molto corta rispetto all’oggetto di studio (libro, quaderno, ecc.). Questa distanza non dipende dalla volontà del soggetto (quindi è inutile dirgli: “stai lontano dal libro”) ma dal sistema nervoso autonomo, che gestisce l’accomodazione (cioè il sistema di messa a fuoco, interno all’occhio): quando questa è stanca, o il soggetto smette di studiare o se insiste nel continuare, l’accomodazione aumenta di valore e questo porta ad una distanza più corta fra occhio e libro (la distanza assunta è l’inverso del potere accomodativo in atto).

L’Optometria ha cercato di comprendere quali fossero i processi visivi che mettevano in moto la miopia. Inizialmente la miopia si assecondava compensandola con lenti che permettessero al soggetto di riacquistare buona visione da lontano. Ma da quel momento, con l’uso permanente delle lenti, nella maggior parte dei casi, la miopia proseguiva nella sua crescita.

La prima rivoluzione in Optometria la fece Skeffington che, nel secolo scorso, mise a punto un insieme di test che per la prima volta rilevavano le abilità  visive – cioè la funzione visiva del soggetto – sia nella visione da lontano che da vicino:era nata l’Analisi Visiva.

Negli anni successivi l’Analisi Visiva venne letta e interpretata in modo diverso dagli Optometristi Comportamentali, perché negli anni la tipologia dei soggetti esaminati era cambiata: ai tempi di Skeffington la maggior parte dei soggetti esaminati era ipermetrope, mentre successivamente è  cresciuta moltissimo la percentuale di miopi.

Oggi attraverso l’Analisi Visiva, secondo una lettura Comportamentale, è possibile sapere con molto anticipo se un soggetto esaminato presenta un quadro funzionale pre-miopico (pur non essendo in quel momento miope e avendo ancora l’ipermetropia fisiologica con cui si nasce) che lo porterà in miopia nell’arco di uno-due anni, a meno che il soggetto stesso utilizzi correttamente le metodiche di optometria. La ricerca, nel campo dell’Optometria, ci ha messo nella condizione di sapere cosa fare affinché l’evento (miopia) non si verifichi. Questa è prevenzione!

Ma quando il soggetto si è miopizzato, si può impedire che la miopia aumenti o nei casi peggiori, controllarla perché aumenti il meno possibile.

Miopia e retina

La ricerca in Optometria ha messo a disposizione metodiche, esercizi, strumenti che consentono questi risultati. Risultati che alcuni anni fa erano impensabili. Oggi conosciamo le tappe attraverso cui il processo miopico si evolve e quali sono le abilità visive che vanno in crisi.

Da quanto detto, si evidenzia che nella maggior parte delle miopie acquisite (che sono la maggioranza), il problema sorge da vicino: la cattiva visione da lontano è solo l’effetto di un processo adattivo.

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